martedì 30 marzo 2010

ABYSS OF PAIN – Professing Through Terror


Crash & Burn - 2010
Death Metal tutto d'un pezzo
Da 1 a 10: Lodevole ma ci devono lavorare (6)
Articolo di: Michele Marinel


Nata come Swarm nel 2003 e ribattezzatasi Abyss Of Pain l'anno successivo, la band del Friuli Venezia Giulia approda finalmente al full length.

"Progression Through Terror" snocciola 11 pezzi di death metal senza troppi fronzoli, diretto, efficace, con un suono grasso e rotondo che punta all'impatto più che a stupire con la tecnica.
In effetti l'approccio di questi ragazzi alla materia è più un colpo di mazza che un gioco di fioretto, ma tutto sommato si fa apprezzare anche per questo. Le radici di questa band sono chiare ed affondano profondamente nella tradizione del death metal europeo, non tanto quello melodico di Gotheborg, quanto quello primevo della prima scena europea, quella di Entombed, Dismember, Grave e via dicendo.
Un suono quindi oscuro e violento, fatto di riff compatti e non arzigogolati, di ritmiche quadrate che frequentemente scivolano in mid tempos sulfurei sui quali alegga maligna ed oscura la voce profonda di Alessandro Molaro.
La struttura piuttosto lineare dei brani è probabilmente dovuta anche alla presenza di una sola chitarra. In effetti un'altra ascia potrebbe portare un po' più di dinamica ai pezzi e magari anche qualche miglioramento in fase solistica.
Sicuramente un combo da andare a vedere dal vivo vista la "botta" di cui sono capaci. Da un punto di vista strettamente critico invece, pur essendo lodevole l'amore e l'integrità verso un genere, la band deve lavorare per trovare una sua più marcata personalità. Ad ogni modo ad ogni buon deathster questo disco piacerà

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lunedì 29 marzo 2010

DARK END – Assassine


Crash & Burn - 2010
Symphonic Black Metal
Da 1 a 10: Notevole (7)
Articolo di: Michele Marinel


Notevole secondo album per questo ensamble black metal tutto italiano. Partendo dalla confezione, con un artwork davvero suggestivo, passando per un concept non scontato (nonostante all'apparenza possa sembrare il contrario) per finire con il contenuto e la sostanza di un disco che pur non essendo rivoluzionario, da respiro ad un genere da parecchio tempo in decadenza.

Fin dal titolo il tema del disco è chiaro: si parla di donne che uccidono, di assassine, appunto. Un concept che snocciola le sanguinarie avventure di differenti donne che hanno segnato la storia del crimine. Si spazia dall'Italia agli Stati Uniti passando per la Francia e per la Nuova Zelanda. Sorprendentemente la contessa Bathory manca all'appello, forse per non cadere nel banale, anche se un capitolo sulla prima serial killer della storia avrebbe calzato a pennello.
Musicalmente l'album è un riassunto di parecchio black metal sinfonico tra la fine degli anni '90 e l'inizio del decennio successivo. Il suono è pulito, l'esecuzione precisa, i brani piuttosto articolati. Sicuramente la band fa riferimento ai grandi nomi del genere. Certe orchestrazioni magniloquenti riecheggiano i Dimmu Borgir degli ultimi album, i passaggi più feroci ricordano invece i Satyricon di Nemesis Divina, la componente teatrale e certe bordate in cui al black si mescolano heavy e thrash invece occhieggiano i Cradle Of Filth del periodo di mezzo. Echi, sia ben chiaro, non plagi, perchè la band si muove comunque su coordinate sue proprie, anche se debitrici nei confronti della tradizione del genere.
Certo non un album che sconvolge una scena ma, come si diceva in apertura, un disco che si fa apprezzare, che fluisce in maniera disinvolta nonostante la lunghezza e la complessità dei brani, e che dimostra che si può dire ancora qualcosa di interessante in una scena come quella del black sinfonico. Non da poco.

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mercoledì 24 marzo 2010

THEATRE OF TRAGEDY – Forever Is The World




AFM Records – 2009
Gothic Metal (Caduta di stile...)

Da 1 a 10: Un album poco convinto e poco convincente.(5)
Andrea “Psalm 69”Valeri


Ho sempre difeso i ToT, anche dopo la svolta elettronica (secondo il sottoscritto i due migliori albums della loro carriera), anche dopo la dipartita di Liv Kristine.
Infatti Storm, il precedente lavoro, dimostrava tutta la loro capacità di songwriting, nonostante un evidente passo indietro rispetto all’uso massiccio dell’elettronica di Musique e Assembly.
Qui invece, manca proprio il mordente, manca quel quid che rendeva le loro melodie invidiabili e dava ad ogni brano uno spessore avvincente.
Se escludiamo l’iniziale Hide and Seek, i pezzi si succedono con una certa indifferenza, formalmente ben confezionati ma privi di una reale ispirazione che li porti a svettare.
Decisamente il vero passo falso della loro carriera.


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THE 69 EYES – Back In Blood




Nuclear Blast – 2009
Gothic Rock (Ritorno in grande stile per i vampiri di Helsinki)

Da 1 a 10: Melodico, travolgente, azzeccato.(8)
Andrea “Psalm 69” Valeri


Chi vi scrive ha appoggiato la carriera dei cari vampiri fino a qualche album fa, quando cioè i nostri si erano impelagati in un gothic piacione che abbandonava i territori glam per approfondire i toni baritonali di Jyrki e accentuare le componenti romanticoidi del look.
Il risultato non era disprezzabile ma sembrava aver ceduto a regole di mercato nel periodo in cui gruppi come gli Him assurgevano al successo.
Con questo nuovo lavoro, (che già dal titolo rimanda ad un certo Back In Black…) si torna su territori in cui il gothic va a braccetto con un glam rock ruffiano, coinvolgente, immediato e di sicuro impatto.
Melodie sempre intraprendenti, ammiccanti, impregnate di un rock alcolico sempre pronto ad incendiare le folle con le sue movenze catchy.
Non ci sono cadute di tono o di stile. L’album scorre liscio nel lettore ed invoglia a più di un ascolto.
Se li amate, se avete apprezzato soprattutto i primi lavori, non potrete lasciarvelo scappare.
In edizione limitata (digibook) troviamo anche un video e l’intero live contenuto in Hollywood Kills.

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martedì 23 marzo 2010

ASHES OF BETRAYAL - First World Collapse

Strikedown - 2009
Hardcore-Metal (90's style)
Da 1 a 10: L'intransigenza paga (7)
Articolo di: Enrico De Domeneghi


Quando il senso di un'apocalisse imminete ti si appende alla schiena ed affonda i denti nella tua nuca, due sono le soluzioni possibili: rimanere nell'immobilità a guardare che succede o ergersi sulle proprie gambe e, direbbero gli Have Heart, 'urlare contro quel sole' che sembra accecare i più, per far sapere che non tutto è perduto. Non ancora almeno. Gli Ashes Of Betrayal hanno optato proprio per questa strada, e ci scagliano contro cinque pezzi hardcore in stile Reprisal-Walls Of Jericho-primi Terror che strizzano l'occhio, soprattutto nelle chitarre, agli Slayer. Ma il discorso qui è un po' piu ampio, perchè il maggior pregio di 'First World Collapse' è portare avanti un discorso organico che comprende musica da una parte, un'intifada di testi taglientissimi su tematiche socio-politiche dall'altra ed un ottimo artwork curato da Fabio, dietro alle pelli quanto all'obiettivo e al pc, capace di dare forma tramite le immagini al messaggio degli Ashes Of Betrayal.

Il disco esce per Strikedown Records dopo due demo autoprodotti e vari cambi di line-up. La solida band sarda si è fatta le ossa prima di tutto sul palco, aprendo per alcuni tra i nomi più blasonati della scena a livello non solo nazionale -Cripple Bastards, Sick Of It All e Rise And Fall su tutti. A livello strettamente musicale, comunque, qui si torna indietro di qualche anno, il sound proposto è diretto e genuino, con una buona sezione ritmica alla base ed un altrettanto buon lavoro delle sei corde. Ottimo l'utilizzo della voce, in particolare quando i ragazzi sperimentano cori capaci di dare la svolta ad un intero pezzo. Spiccano infine, ma qui è semplice questione di gusti, 'Look At Yourself' e il suo rallentamento iniziale riuscitissimo e la sferzata finale di 'Greed Over Conscience', dal minuto e cinquanta in poi.

Gli Ashes ci offrono un buon esempio di come un genere dalle fondamenta già definite e ben piantate possa ancora essere suonato con una convinzione tale da imprimere un vero e proprio marchio di fabbrica ai pezzi. L'angustia del contesto in cui si muovono, quel che poteva cioè essere per loro un limite, finisce forse per diventare il punto di forza del disco. L'intransigenza, stavolta, paga.

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domenica 21 marzo 2010

DARK TRANQUILLITY - We Are The Void

Century Media - 2010
Melodic Death Metal (100%)
Da 1 a 10: Impeccabile (7)
Articolo di: Davide Pozzi



Tornano a distanza di tre anni dall’ultimo lavoro gli svedesi Dark Tranquillity, da sempre, insieme ai fratellastri In Flames, band di riferimento per il genere melodic death metal. Non c’è dubbio che la band di Mikael Stanne in questi anni sia rimasta maggiormente fedele alle proprie radici dimostrando una coerenza musicale che spesso è mancata alla band di Friden, troppo spesso impegnata a rinnovarsi, fallendo puntualmente il colpo.

Così in questo nuovo “We Are The Void” troviamo le medesime caratteristiche che tutti noi ci siamo abituati a scoprire in un nuovo disco dei Dark Tranquillity: grande forza nei suoni, aggressività e melodia che si intrecciano perfettamente, passaggi strumentali e vocali di grande impatto. La capacità della band svedese, attiva da oramai venti anni, di proporre ancora oggi brani efficaci e ricchi di phatos è una qualità unica che ha sempre contraddistinto i DT e che emerge in maniera lampante disco dopo disco. “Shadow In Our Blood”, “Dream Oblivion”, la bellissima “At The Point Of Ignition” sono solo esempi di quanto appena detto e antipasti per quello che riserva “We Are The Void”. Dal punto di vista esclusivamente musicale, questo nuovo lavoro segue le impronte lasciate dal precedente “Fiction”, di conseguenza la componente melodica è sempre più evidente, al cospetto di quell’aggressività che la faceva da padrone specialmente nei primi lavori. Disamine tecniche a parte non resta molto da dire su questo “We Are The Void” ennesimo ottimo lavoro, per una band che non fallisce mai il colpo. Che cosa possano ancora offrire i Dark Tranquillity in futuro più di quanto fatto fin qui è davvero difficile da capire, oggi ci resta l’ennesimo grande capitolo di un’avventura tanto lunga quanto indimenticabile.

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venerdì 19 marzo 2010

FORSAKEN - After The Fall


I Hate - 2009
Metal (con incursioni doom)
Da 1 a 10: Non male! (7)
Articolo di: Martina d'Errico



Arrivano da Malta i Forsaken, una provenienza piuttosto curiosa che se non altro li avrà aiutati, agli inizi della loro carriera, ad attirare un po' di attenzione. Carriera che va avanti dal 1990; vent'anni durante i quali la band ha pubblicato tre album, un demo, un ep e anche un dvd, oltre a essere apparsi in varie compilation.
Il genere verso il quale si orientano è un metal di matrice piuttosto classica con qualche incursione doom, ma restano fondamentalmente una di quelle band che, per quanto si impegnino a suonare al meglio, riuscendoci peraltro, la loro musica, non sembrano intenzionate a cambiare la storia del metal o a proporre nuove idee.
Resta inoltre da precisare che è un ascolto consigliato soprattutto agli amanti del genere, poichè a chi non è appassionato potrebbe risultare un po' noioso. In ogni caso, a voi il giudizio finale!

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mercoledì 17 marzo 2010

DOMMIN – Love Is Gone

Roadrunner - 2010
Gothemopop...
Da 1 a 10: C'è del buono ma anche tanto altro... (5)
Articolo di: Michele Marinel


Beh sarò sincero, a vedere questi ciuffati figuri e leggendo il titolo dell'album mi aspettavo molto, ma molto peggio... ciononostante non si può assolvere del tutto questa giovane band che ci mette anche dell'impegno in un disco come questo ma che, fondamentalmente, cade troppo spesso in imperdonabili banalità.

I Dommin potrebbero essere classificati come una goth rock band dal sound moderno, legata all'ormai definitivamente degenerato movimento emo non solo dalle frange ma anche dall'uso e dall'abuso di melodia e un immaginario malinconico-romantico, il tutto con qualche spruzzata più o meno dark.
In alcuni passaggi si notano influenze nobili, come nella title track che riecheggia in parte un Danzig di vecchia data, qui purtroppo svilito dalle caratteristiche appena citate. Qualche elemento horror punk qua e là si sente, ma il tutto viene soffocato da una vena pop che potrebbe anche essere un punto di forza per una band come questa ma che, invece, date certe banalità tanto dal punto di vista musicale quanto dell'immaginario impiegato, fa scadere il tutto.
Pur riconoscendo al gruppo la capacità di scrivere brani accattivante e di sicuro appeal il disco suona fin troppo ruffiano e melenso, con quell'aura stuccevole che contraddistingue i lavori, per citare due esempi, degli HIM e degli ultimi AFI. Il goth è un'altra cosa ragazzi.


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martedì 16 marzo 2010

DEATH BEFORE SUNRISE - Not All Who Wander Are Lost

Casket Lottery/Catalyst Records - 2009

Pop-Punk/Screamo (vedi 8 anni prima)
Da 1 a 10: Ispirano simpatia (7)
Articolo di: cece

Cercando qua e là e facendo un copia/incolla di gruppi “made in U.K.” possiamo facilmente ottenere i Death Before Sunrise, quartetto gallese che si accoda ai vari You, Me At Six, Kids In Glass Houses, Save Your Breath, pescando anche dal passato e da altre tendenze come Funeral For A Friend o The Blackout. E' forse il caso però di rallentare con i paragoni, i DBS viaggiano con una o due marce in meno rispetto ai “fratelloni” anche se il loro MCD di sette pezzi “Not All Who Wander Are Lost”, forte di un suono pop-punk molto catchy, semplice e ad impatto immediato, risulta da subito gradevole e degno di nota. Cercando qua e là e facendo un copia/incolla di gruppi “made in U.K.” possiamo facilmente ottenere i Death Before Sunrise, quartetto gallese che si accoda ai vari You, Me At Six, Kids In Glass Houses, Save Your Breath, pescando anche dal passato e da altre tendenze come Funeral For A Friend o The Blackout. E' forse il caso però di rallentare con i paragoni, i DBS viaggiano con una o due marce in meno rispetto ai “fratelloni” anche se il loro MCD di sette pezzi “Not All Who Wander Are Lost”, forte di un suono pop-punk molto catchy, semplice e ad impatto immediato, risulta da subito gradevole e degno di nota. Positivi gli inserti ed i riff con quel sound heavy che pare abbia un'attaccatura un po' forzata ma nel complesso dona un sano tocco di diversità tra una canzone e l'altra. Senza perdere tempo segnalo quella che, senza alcun dubbio è la miglior canzone della band: “Into The Night” e qui i complimenti si sprecano sia per le melodie che per le grandi doti del vocalist Richard Fisher. A questo punto non posso far altro che annodare il fazzoletto, in attesa di un album completo e magari ben prodotto, non deludetemi Death Before Sunrise.

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GAMMA RAY – Insanity And Genius/Land Of The Free

Cooking Vinyl - 2010
Pawaaaaaaa!
Da 1 a 10: Pezzi di sotria pt. 2 (Senza Voto)
Articolo di: Michele Marinel

Seconda delle due ristampe che ripropongono i primi lavori della band fondata e guidata da Kai Hansen. Questa volta tocca al terzo e quarto album, in ordine di apparizone "Insanity And Genius" del 1993 e "Land Of The Free" del '95.

Il primo dei due dischi rappresenta una sterzata del combo teutonico verso uno stile più aggressivo e diretto, più vicino all'heavy classico con particolare riferimento ai Judas Priest, sia quelli storici che quelli più duri di "Painkiller". Non è un caso se tra le tre bonus tracks di questa versione dell'album spicca una rivisitazione di "Exciter" della premiata ditta Halford/Tipton. Nonostante questo indurimento non manca lo stile scanzonato che ha sempre contraddistinto i nostri, che tra l'altro reinterpretano il brano "Gamma Ray", brano della band kraut rock Birth Control Number, un'autocelebrazione ricca di autoironia, dote che in campo metal è quantomai rara. Ad ogni modo "Insanity And Genius" è, a discapito del titolo, un album molto più tradizionale rispetto ai suoi predecessori, in cui predomina l'anima heavy metal rispetto a quegli elementi hard rock che avevano impreziosito e reso così particolare questa band. Un passo indietro? Forse, ma ciò nonostante un gran bel disco a cavallo tra l'heavy classico e il power, tradizionale sì, ma mai scontato, con riff taglienti e un Ralf Scheepers in gran spolvero.
La line up della band fin qui è stata in perenne rivoluzione, unici punti fermi sono stati Kai Hansen e Scheepers stesso, ma qualcosa è destinato a cambiare. Stando a quanto riportato dalle note biografiche del libretto è proprio la possibilità che viene ventilata a Scheeprs di poter essere il sostituto di Rob Halford nei Judas Priest che incrina il sodalizio tra le due colonne portanti del gruppo. Hansen mette in dubbio il coinvolgimento del singer nei Gamma Ray e il cantante decide di lasciare... o almeno così viene riportato, anche se il sottoscritto – andando a memoria – ricorda che Scheepers fu messo alla porta. Sia quel che sia il destino del buon Ralf non è quello atteso, il ruolo di sostituto di Halford viene affidato all'ormai noto Tim "Ripper" Owens e Scheepers fonda la propria band, i Primal Fear, che praticamente portano avanti lo stile dei Priest di "Painkiller" con una devozione quasi commovente.
Vista la strada che da lì a poco verrà intrapresa dai Gamma Ray è comunque ipotizzabile anche una qualche divergenza a livello artistico. Nel '95 infatti esce "Land Of The Free", forse il miglior disco del combo teutonico e indubbiamente uno dei più bei dischi power metal di sempre. Hansen prende sulle sue spalle il ruolo di lead vocalist oltre che di chitarrista, come ai tempi del primo album degli Helloween. Il risultato però è sorprendente. "Land Of The Free" riesce a coniugare le bordate power heavy del suo predecessore con la vena più estrosa dei primi due album, il tutto avvolto in un'aura epica e sognante. Ospiti blasonati in quest'album sono Hanis Kursh, singer dei Blind Guardian e niente meno che Michael Kiske, ex compagno di Hansen negli Helloween ai tempi dei due "Keeper...". Un disco vibrante (arricchito qui da tre bonus tracks comparse come B-Sides dell'Ep "Rebellion In Dreamland") in cui La band riesce ad esprimere tutto il suo potenziale come non aveva mai fatto prima e come, purtroppo, non riuscirà più a fare. Un capolavoro del genere.

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lunedì 15 marzo 2010

GAMMA RAY – Heading For Tomorrow/Sigh No More

Cooking Vinyl - 2010
Pawaaaaaaa!
Da 1 a 10: Pezzi di sotria pt. 1 (Senza Voto)
Articolo di: Michele Marinel


Prima di due ristampe che accoppiano i primi quattro album dei Gamma Ray, un'occasione ghiotta per riscoprire alcune perle del power metal teutonico quando il genere non era ancora del tutto sputtanato.

Era il 1990 quando vide la luce l'album di debutto dei Gamma Ray, creatura fondata e guidata da Kai Hansen, transfugo dagli Helloween dopo i primi strabilianti tre full lenght. Accompagnato da Uwe Wessel al basso, Mathias Burchard alla batteria e dal singer Ralph Scheepers, il nostro folletto teutonico da vita ad un progetto che rilegge il power metal in chiave decisamente più ariosa. Il risultato è un album che, per quanto mostri alcuni spigoli, ha un ampio respiro e si colloca a cavallo tra il power helloweenianio, il metal classico e il rock più adulto e articolato.
In questa versione il disco è arricchito da 3 bonus tracks in origine pubblicate come B-sides del singolo "Heaven Can Wait".
L'anno dopo (all'epoca le band si davano ancora da fare) esce "Sigh No More", secondo capitolo della saga del Raggio Gamma, che affina il tiro del debutto indurendo un po' l'approccio ma mantenendo quegli elementi "ariosi" mutuati dagli Uriah Heep e dai Queen che hanno reso questi dischi speciali. Meno acerbo del precedente è sicuramente un album più definito anche se forse perde un po' in spontaneità. Anche in questo caso le bonus tracks sono 3.


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mercoledì 10 marzo 2010

FEAR FACTORY - Mechanize


AFM - 2010
Industrial Metal
Da 1 a 10: 9/10
Articolo di: F. Paolo Micciche'



Ci sono voluti cinque anni di attesa, di cui l'ultimo speso tra beghe legali sul nome e sui diritti, prima di riportare a galla il nome dei Fear Factory.
Non che gli statunitensi pionieri di un industrial a tratti estremo siano mai stati dimenticati, ma un album del genere fa la sua (s)porca figura, a maggior ragione in un periodo in cui i grandi nomi sembrano non voler produrre più qualcosa di soddisfacente.

A dire la verità ero a digiuno da questo gruppo da qualche anno, e ho dovuto passare l'ultimo mese ad ascoltare SOLO ED ESCLUSIVAMENTE i loro lavori, per poter capire quanto sia importante la loro ultima fatica.
La prima cosa che si nota in Mechanize è il ritorno in pompa magna di Dino Cazares, supportato alle pelli dall'ex Strapping Young Lad Gene Hoglan: l'apporto in stile Death Metal di Hoglan condisce di violenza le ritmiche pulsanti della Ibanez di Cazares, basti sentire la title-track stessa o "Powershifter", tanto per citarne un paio.
La voce di Burton C. Bell, altra anima dei Fear Factory, sa essere sia leggera (per quanto di leggero possa esserci nei FF...) in un pezzo come "Designing the enemy", sia mastodontica e brutale in "Fear Campaign", o in "Industrial Discipline", dove la timbrica di Bell si alterna tra urla sovrumane ed esibizione pulita, ma sono "Oxidizer" e "Controlled Demolition" i pezzi che segnano la rottura definitiva con il passato meno remoto: in puro stile Fear Factory dell'epoca "Obsolete", sembrano voler dimenticare i precedenti esperimenti in stile new-metal della reggenza di Olde-Wolbers.

Lungi dal definire il ritorno di fiamma tra Cazares e Bell una manovra commerciale dedicata a richiamare a sè la folta schiera di fans che si meritano, con "Mechanize" ci troviamo di fronte non ad un album qualsiasi dunque, ma IL (e lo scrivo in maiuscolo) tanto atteso resurgam dall'oblio e dalla povertà creativa: il combo statunitense torna schiaffeggiandoci con 45 minuti di sonorità spietate che lasciano l'ascoltatore senza respiro, supportate dal classico songwriting dal quale non trapela alcuna positività, in un ritratto di un mondo meccanizzato e senza speranze nel quale tutto è affidato alle macchine.

Bentornati nell'inferno.

Questa la Tracklist:

01. Mechanize
02. Industrial Discipline
03. Fear Campaign
04. Powershifter
05. Christploitation
06. Oxidizer
07. Controlled Demolition
08. Designing The Enemy
09. Metallic Division
10. Final Exit


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NECRODEATH - Old Skull



Autoproduzione/Scarlet - 2010
Extreme Metal
Da 1 a 10: 7/10
Articolo di: Salvatore Mazzarella

Introduzione
Ed eccoci qui,dopo ben 25 anni,a festeggiare la presenza e la perseveranza di Peso e soci nell’ostico panorama musicale italiano. Venticinque anni di entusiasmo e temporanei ripensamenti,di sacrifici e piccole soddisfazioni,di gente che se n’è andata e di nuovi arrivati, il tutto con unico fattor comune: la qualità, e questo al di là dei pareri personali (c’è chi non ha gradito la svolta di Draculea,io lo trovo semplicemente fantastico…).


Resto del post
Detto questo,non impazzisco per gli album composti esclusivamente da covers e questo Old Skull và obbiettivamente valutato per quello che è, cioè un modo per festeggiare questo anniversario segnando un punto fermo nella discografia per poi ripartire ancor più carichi. I gruppi coverizzati fanno parte del background dei Necrodeath, dai più estremi Slayer,Sodom,Kreator e Bathory ai più classics come Black Sabbath,Motorhead,Venom e Diamond Head. In queste nuove versioni comunque fedeli alle originali è evidente il marchio di fabbrica dei nostri, dalle vocals di Flegias alle svisate di Pier ed in particolar modo le rullate di Peso che conferiscono a tutti i brani maggior potenza ed aggressività. Notevole la schiera degli ospiti,oltre ad ex membri del gruppo ci sono Andy Panigada ed A.C.Wild dei Bulldozer ed inoltre troviamo una nuova versione di Mater Tenebrarum in apertura,suonata dalla band odierna e posta al confronto con la versione del 1985,posta in chiusura,meno potente della nuova,ma sicuramente più malsana!!! Insomma se siete fans del gruppo avete buoni motivi per acquistare questo disco con la speranza che dal relativo tour celebrativo se ne possa trarre finalmente una testimonianza filmata.



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lunedì 8 marzo 2010

REDEMPTION - Snowfall On Judgment Day



Inside Out - 2009
Progressive Metal
Da 1 a 10: 8/10
Articolo di: Salvatore Mazzarella

Introduzione
Una volta gettati i semi,quella a cui hanno dato origine i Dream Theater è una vera e propria foresta dove possiamo trovare piante insignificanti (una marea di gruppi clone senza personalità) ma anche alberi che producono frutti prelibati come questi Redemption.


Resto del post
Californiani,al quarto album e capitanati dal chitarrista Nick Van Dyk,i nostri producono oggi il lavoro che sancisce la loro maturità: un prog metal più metal che prog davvero ispirato dove,nonostante le composizioni siano tutte mediamente lunghe,non si nota affatto la presenza di dispersioni in voli pindarici fini a se stessi con gli strumenti e l’attenzione dell’ascoltatore viene sempre ravvivata lungo tutta la loro durata da melodie vincenti.Quindi tecnica che viaggia di pari passo all’ispirazione mettendosi sempre al suo servizio: a parte la notevole performance di Nick,va segnalato l’egregio lavoro del tastierista Greg Hosharian e l’incredibile doppia cassa ‘raw in your face’ di Chris Quirante.Poi logicamente le vocals di Ray Alder (anche nei Fates Warning) fanno la differenza.Per tirare le somme quello che abbiamo tra le mani è un lavoro bello,intenso ma soprattutto molto personale,un nuovo modo di proporre questo famigerato prog metal !!! Bellissime Peel e Love Kill Us All e da segnalare la presenza di James La Brie in Another Day Dies.Per tutti gli amanti del genere quindi un must.Prima di chiudere un in bocca la lupo ed una preghiera per Nick a cui è stato diagnosticato un brutto male… tieni duro amico !!!

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domenica 7 marzo 2010

CRYFEMAL - Increibles Tormentos


Bloodred Horizon Records - 2009
Black Metal (anticristianesimo iberico)
Da 1 a 10: Un lavoro che nel 2010 non mi soddisfa (5)
Articolo di: Simone "M1" Landi

Prima di imbatter
mi in questo "Increibles Tormentos" non ero neppure a conoscenza dell'esistenza dei Cryfemal, formazione black metal spagnola il cui monicker sta per Cry The Evil Faith, attiva dal 1997 e con alle spalle una marea di uscite fra cui spiccano ben cinque full.

Quello che vado a rece
nsire è un disco di otto tracce per poco più di mezz'ora di musica, un black metal piuttosto tirato e furioso che talvolta usufruisce di synth mai invadenti per enfatizzare l'atmosfera. Nelle parti più veloci il suono si fa piuttosto grezzo e sporco, andando di comune accordo con uno screaming sguaiato e sofferto, mentre è nei rallentamenti che si cerca qualche variante sul tema, ad esempio in "Negro Metal" il feeling che si percepisce è di stampo depressive. Sfortunatamente i Cryfemal non pungono nè quando partono a testa bassa, nè quando cercano di ragionare.
In tutta sincerità non trovo alcun motivo di interesse in questa uscita, nè per novità, nè per qualità esecutiva ma nel mondo dei social network non vi costerà nulla recarvi sul myspace della band (http://www.myspace.com/cryfemal) e verificare o smentire le mie parole con le vostre orecchie.

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giovedì 4 marzo 2010

DIABLO SWING ORCHESTRA - Sing Along Songs For The Damned & Delirious


Candelight - 2009
Avantgarde Metal (particolare insomma)
Da 1 a 10: Degno di nota! (8)
Articolo di: Martina d'Errico



Proposta molto interessante ed originale quella dei Diablo Swing Orchestra, che arrivano dalla Svezia e suonano un misto di metal e avant-garde, creando così un mix veramente irrestetibile e a tratti auto ironico. Tra le loro fila sono compresi un violoncellista ed una cantante mezzo-soprano, ma in questo album troviamo anche un largo uso della tromba.

Questi tre elementi, assieme alle ritmiche vagamente rockabilly, contribuisono a formare l'atmosfera retrò che permea le loro canzoni, e che hanno un che di teatrale. Ascoltandoli vengono in mente le scene del celebre film "Intervista Col Vampiro", tanto per darvi un'idea di cosa si intende in questo caso con "avantgarde".
L'album si compone di dieci canzoni e l'apertura è affidata a "A Tapdencer's Dilemma", che ci catapulta immediatamente nel mondo festoso e colorato dei DSO. "Lucy Fears The Morning" vede come protagonista la voce della cantante e le ritmiche particolari. La seguente "Bedlam Sticks", dove la parte metal è più accentuata, torna ad alternare voce maschile e femminile, quasi fosse un dialogo di una rappresentazione teatrale. "Vodka Inferno" è un altro pezzo particolarmente bello, ma il gruppo sfoggia il meglio di sè con la conclusiva "Stratosphere Serenade", un brano di otto minuti e mezzo durante il quale lasciano momentaneamente la componente ironica, componendo una suite veramente degna di nota, dove gli elementi che contraddistinguono il sound del combo ci sono tutti.
Un disco veramente ottimo, adatto a chi ha voglia di ascoltare ogni tanto qualcosa di diverso.

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lunedì 1 marzo 2010

ROYAL JESTER - Night Is Young



Scarlet Records - 2010
Power Metal
Da 1 a 10: 8
Articolo di: Maurizio Mazzarella

Introduzione
L'etichetta nostrana Scarlet Rercords deve avere davvero un talento particolare nell'andare a scovare delle band brave e dalle immense qualità, tra queste figurano certamente i Royal Jester, band di nazionalità svedese attiva sulle scene dal 2008, che con questo pregevolissimo "Night Is Young", giunge al proprio debutto assoluto sul mercato discografico, dopo essersi fatta le ossa suonando un folto numero di concerti.

Resto del post
Ma andiamo dritti al sodo. Musicalmente possiamo inserire questa band scandinava nel grande pentolone del power metal, con una ricetta particolarmente succulenta, che vede i Royal Jester cucinare un piatto formato da un mix di sonorità comprendenti in primis Helloween e Gamma Ray ed a seguire altri gruppi come i Nocturnal Rites, Freedom Call ed i bravi Edguy. Direte voi che di gruppi così ne esistono un'infinità, ma quello che oggi conta è la prospettiva e lo spessore artistico e sono qualità che a Mattias Lindberg e compagni non mancano certamente. "Night Is Young" è un gran bel disco, che scorre in modo fluido e dinamico e si lascia ascoltare con grande piacere, rimarcando in ogni frangente le immenese qualità tecniche e compostive del gruppo, oltre ad una pregevole personalità e la voglia da parte dei singoli muiscisti coinvolti nel progetto, di manifestare un'identità precisa dal quale non hanno intenzione di smuoversi, frutto della passione e dell'amore per la musica che si ascolta e che si decide di suonare. Ottima anche la produzione, curata in modo maniacale da Per Nilsson (Scar Symmetry), capace di donare al disco un suono tagliente e robusto, ma anche molto moderno ed attuale. Cosa dire di più, se amate questo genere, fate vostro questo disco, perché i Royal Jester sono bravissimi!!!

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DISDAIN - Leave This World



Scarlet Records - 2010
Heavy Metal dalle multi sfaccettature
Da 1 a 10: 7/10
Articolo di: Maurizio Mazzarella

Introduzione
I Disdain vengono dalla Svezia, sono nati nel 1998, ma dopo una serie di demo ed EP, giungono solo ora al debutto ufficiale sul mercato discografico per merito della nostrata Scarlet Records, con questo pregevolissimo "Leave This World". Musicalmente definire lo stile dei Disdain potrebbe risultare semplicissimo, come estremamente complicato allo stesso tempo.

Resto del post
Dare una definizione ben precisa al loro sound è assolutamente un'utopia, potrebbe bastare solo la definizione "heavy metal", ma non renderebbe onore alle tante influenze che rendono variopinta ed appetitosa la proposta musicale del gruppo scandinavo. Oltre agli elementi tradizionali, anche scontati in un certo senso, ci sono tracce di Metallica, come anche di Iced Earth, Iron Maiden, Nocturnal Rites ed addirittura Dark Tranquillity ed In Flames. Ne viene fuori un disco a dir poco eccellente, dinamico ed intenso, fatto di momenti veloci ed ipnotizzanti, assoli taglienti e seducenti, una sezione ritmica che picchia duro senza sosta e linee melodiche da brividi. "Leave This World" è un disco che scorre fluido senza sosta senza mai annoiare, con pezzi dall'impatto molto forte e dalla portata notevole, colmi di contenuti tecnici e di atmosfere avvolgenti disegnate da splendide tastiere. Ottima la produzione, moderna, attuale ed all'avanguardia. Nella musica dei Disdain c'è tanta, tanta qualità ed è una musica che ha sostanza, facile d'assimilare e da far propria nell'immediato senza un numero eccessivo di ascolti. Questo è in un certo senso l'heavy metal del nuovo millennio ed i Disdain hanno il merito di anticipare i tempi. Ci sono alcuni meccanismi da oleare, ma gli ingranaggi nel complesso si muovono in modo ampiamente agevole e questi sono i presupposti essenziali che consentiranno ai Disdain di diventare grandi!

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SCHIZO - Hallucination Cramps


Scarlet Records - 2010
Thrash Metal (violenza allo stato puro)
Da 1 a 10: Disco Assassino! (8)
Articolo di: Davide Pozzi


Dopo un silenzio durato quasi vent’anni, nel 2007 i siciliani Schizo irruppero nel mercato mondiale con quella macchina da guerra dal nome “Cicatriz Black”. L’impatto fu devastante, vuoi per l’attesa spasmodica che si era creata attorno e vuoi per le immense qualità di una delle migliori band che si siano mai viste nel nostro paese, quel disco risultò uno dei più spietati e riusciti dell’anno. Oggi a distanza di tre anni esce il nuovo capitolo della band siciliana intitolato “Hallucination Cramps”.

Dopo una breve intro “Psycho Limbs Cut Apart” ha l’onere di aprire le danze, anzi il massacro. La pesantezza dei suoni della band italiana è impressionante, fin dalle prime battute riff veloci e immediati quanto un infarto fanno presagire che nessuno di noi arriverà vivo alla fine di questo nuovo lavoro. La qualità e la classe della band è come sempre altissima, pezzi come “Ward Of Genocide”, “Deviata Sevitia”, “Isolution” la bellissima “Absent” o la strepitosa “Mind K”, sono veri e propri inni alla violenza musicale, costruiti ed interpretati in maniera impeccabile, dove batteria, chitarra, basso e voce si fondono insieme creando un muro sonoro impenetrabile. Il micidiale sound thrash/death metal che ha sempre contraddistinto la band siciliana fin dal pazzesco debut-album “Main Frame Collapse” datato 1989 è oggi come allora sempre attuale e di grande impatto. La qualità dei suoni logicamente è meno “sporca” di quella di vent’anni fa, ma questo non intacca minimamente la sorprendente riuscita di pezzi che rabbiosamente si scagliano contro il tempo e le mode del cazzo che si sono avvicendate negli ultimi anni; ribadendo il concetto che per ascoltare musica di questo livello in Italia devi passare ancora da loro. Disco assassino.

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