giovedì 22 aprile 2010

INTERFERENZE - V 1.1 V 1.2

Pirames International - 2010
Electro Rock
Da 1 a 10: Un buon inizio (7)
Articolo di: Martina d'Errico


Disco d'esordio per gli italianissimi "Interferenze", la cui musica, un electro rock piuttosto fresco, fa riferimento a band come Depeche Mode e Bluvertigo.
In comune con questi ultimi, oltre alla linea generale delle canzoni e dello stile proposto, ci sono anche i testi in italiano, cosa abbastanza rara nell'ambito della musica "alternativa" che in genere preferisce l'inglese, una lingua più adattabile al canto. Il risultato comunque è molto buono e la band riesce a coinvolgere l'ascoltatore fin da subito, grazie a brani come "La Resurrezione", "Indelebile" e "Indivisibile". Si nota però una certa ripetitività, specialmente nella struttura delle canzoni che seguono quasi tutte un modello prestabilito, ma si tratta pur sempre di un esordio e possiamo quindi ben sperare che gli Interferenze, con tempo ed esperienza, matureranno una composizione più varia e articolata. Oltre alle undici canzoni del disco troviamo allegato un secondo dischetto di sei tracce (intitolato V 1.2), precisamente remix cantanti in inglese, e quindi più accessibili anche ad un pubblico estero. Tuttavia il totale di diciotto canzoni risulta un po' pesante da ascoltare tutto in una volta, quindi consiglio a chi si sia incuriosito di ascoltarlo in due tempi per evitare l'effetto "il troppo stroppia".

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lunedì 19 aprile 2010

WOODLAND - Dreamality


CCP Records - 2009
Folk Metal (domina la tinta progressiva)
Da 1 a 10: approccio originale, va rifinito meglio per colpire (6)
Articolo di: Simone "M1" Landi


Vengono dalla Germania questi Woodland e si cimentano in un folk metal piuttosto quadrato a tinte progressive che fa dell'elaborazione e dei molteplici spunti il proprio punto focale. Dimenticate quindi le partiture extra catchy dei Korpiklaani o il troll metal dei Finntroll perchè con "Dreamality" ci troviamo su coordinate molto differenti.

La musica è corposa e si avvale di tre differenti tipi di cantato: growl maschile, pulito maschile e pulito femminile, utilizzati a seconda delle situazioni. Le variazioni ritmiche o tematiche sono presenti pressochè ovunque, così come i cori o i duetti vocali (che mi hanno ricordato qualcosa dei Beholder), rendendo i brani elaborati ma non abbastanza diretti, per quanto le strutture non siano mai eccessivamente arzigogolate.
Fra le diverse influenze riproposte abbiamo le accelerazioni di stampo power di "Nachtgesänge", l'aggressione tipicamente svedese e melodic death di "Warriors", senza dimenticare la voglia di epico di cori viking/epic. Logica conseguenza di questa varietà stilistica è il mood dei pezzi che va dal malinconico di "Abendsonne" sino all'aggressività della opener passando per sfumature intermedie.
Qua e là spuntano imprecisioni che frenano il disco come il lavoro caotico della batteria quando si tratta di alzare i giri del motore, oppure scelte vocali che stemperano troppo l'atmosfera creata ad opera spesso delle female vocals. Il limite più grosso di "Dreamality" però sta nel fatto di non possedere alcuna singola canzone che colpisca, che rimanga impressa e spinga per essere riascoltata.
In definitiva quindi l'approccio "elaborato" dei Woodland è da accogliere come un qualcosa di positivo, per la volontà di non ristagnare in rigidi confini stilistici ma il lavoro a livello di songwriting va affinato ulteriormente per riuscire ad emergere dall'anonimato. A questo proposito un futuro secondo album sarà dirci qualcosa di più.

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domenica 18 aprile 2010

TRIPTYKON – Eparistera Daimones

Century Media - 2010
Avantgarde:Extreme:Genio
Da 1 a 10: (10)
Articolo di: Michele Marinel

Bisogna stare attenti con Thomas Gabriel Fisher, l'artista svizzero ci ha abituati a grandi balzi in avanti come fece ai tempi con i suoi (seppur rozzi) Hellhammer o con i primi grandissimi Celtic Frost, come a sonori capitomboli come con gli ultimi album della prima incarnazione della sua formazione più nota, a svarioni non indifferenti come quello a nome Apollyon Sun, e a grandi resurrezioni come accadde con il ritorno sulle scene dei Frost qualche anno fa.

Ora diciamocela tutta, chi non ha pensato che il nostro beniamino si fosse di nuovo sputtanato abbandonando di nuovo i CF e facendoli nuovamente naufragare nell'blio dopo un ritorno con i controcazzi con lo splendido "Monotheist". Al sottoscritto il dubbio era venuto e penso anche a voi.
Quando annunciò il ritorno sulle scene con una nuova band la speranza era tanta, la preoccupazione anche. Ora che ci ritroviamo in mano il primo vagito dei suoi nuovi Triptykon possiamo tirare un sospiro di sollievo: questo disco è una bomba!
Inutile stare qua a spiegarvi questo lavoro pezzo per pezzo, sarebbe svilente per un'opera del genere. Basti sapere che questo progetto musicale è realmente la prosecuzione della migliore tradizione celticfrostiana e anche qualcosa di più, una riesumazione di tutto ciò che è stato Fisher in musica, dagli Hellhammer in avanti, driblando le cazzate fatte in passato e portandosi dietro la propria eredità migliore, ma allo stesso tempo proiettandosi in avanti.
Indefinibile a livello stilistico "Eparistera Daimones" racchiude in se tutto ciò che è stato il metal estremo dai suoi albori ad oggi, nella sua veste più genuina. E' un lavoro gotico nel senso di oscuro ma anche per quella che potremmo definire una sorta di elevazione spirituale inversa, un inabissarsi nei meandri più profondi del malessere e dell'angoscia. E' black per il suo essere un monolite nero che si erge minaccioso sull'ascoltatore, una massa dalla superficie scabra che inghiotte ogni luce ed ogni speranza. E' death per la sua forza, per il suo impatto, per la capacità di travolgere quando si accelera. E' doom per il suo suono mastodontico e per il suo incedere pachidermico e funereo nei momenti in cui si rallenta. E' tutto questo e niente di tutto ciò perchè in realtà riconoscerete poco o nulla del black, del death o del gothic o del doom per come siete abituati ad intenderli, eppure ci sono, perchè in realtà è stato quest'uomo a inventarsi quasi tutto e a stravolgere i canoni da lui stesso imposti, forgiando quello che probabilmente è stato in assoluto il primo gruppo avantgarde della storia del metal e che nei Trypticon trova il suo prosieguo.
Un disco ai limiti della perfezione se avete lo stomaco e la capacità di affrontarlo dall'inizio alla fine (e non è poco), impreziosito da una confezione curatissima e dallo splendido artwork concesso dal grande Giger.
Più che un disco un'esperienza... che vi farà male. Soffrite!

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venerdì 16 aprile 2010

KONGH - Shadows Of The Shapeless

Trust No One - 2009
Death (+ black e solite solfe)
Da 1 a 10: Trascurabilissimo (5)
Articolo di: Martina d'Errico



Sarà che l'atmosfera primaverile non si addice a musica di questo genere, sarà che i Kongh non propongono niente di particolarmente rivoluzionario, fatto sta che dopo la prima, interminabile canzone, avevo già voglia di chiudere e passare ad altro.

Ma, dato che sono una redattrice come si deve (o almeno mi piace crederlo!) sono andata fino in fondo, in modo da poter dare un parere fondato.
Come avrete intuito da nome, titolo e copertina, gli svedesi suonano il solito death/black metal cercando di essere più cattivi dei vicini norvegesi. Perdonatemi il sarcasmo ma dopo aver ascoltato cd su cd tutti più o meno uguali, mi capita di non sapere più cosa dire.
Al solito, ci troviamo di fronte a buone capacità tecniche e strumentali, ma quello che manca a questo disco, così come a tanti altri dello stesso genere e non, è un'anima, un qualcosa che lo distingua, che faccia venire voglia di ascoltare proprio quello invece di un altro e che permetta, una buona volta, di renderlo un disco da ricordare per più di due giorni dopo l'uscita.
Anche in questo caso sono sicura che i cultori del genere si divertiranno non poco su questi cinque pezzi, e mi sento quasi di consigliarne l'ascolto; tutti gli altri, passino pure avanti senza indugi.


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martedì 13 aprile 2010

ARTIST VS POET - Favorite Fix

Fearless - 2010
Petting-Pop-Punk
Da 1 a 10: Limone politico (6)
Articolo di: Enrico De Domeneghi

Voglio dire, se fossi un pre-adolescente e sentissi un irrefrenabile bisogno di frangiarmi anche il principio di baffetto appena spuntato sotto il naso, questo sarebbe probabilmente il MIO disco. Direttamente dal Texas più romanticone, gli Artist VS Poet ci propongono infatti un discreto esempio di pop-punk di nuova generazione, mai così lontano dagli standard del genere targati '90. Perchè 'Favorite Fix' non profuma nè di Ramones, nè di Weezer, rivelandosi piuttosto come una serie di canzoncine umidicce e super prodotte che comunque non riescono, per contratto temo, a suonare malissimo.

'Favorite Fix' strizza l'occhio agli arrangiamenti elettronici come ai coretti più zuccherosi, e qualche brano a dire il vero è ben costruito. Il punto è che non eccelle affatto per personalità, rimandando continuamente a questo o quel gruppo, a seconda dele soluzioni riprese qua e la. 'Car Crash' apre le danze e ci fa presente che i New Found Glory hanno creato un proselito di discepoli numerosissimo, tra i quali troviamo anche i nostri. Sonorità in linea tornano anche a metà disco, in 'Unconscious Reality' e 'Damn Rough Night'. Altri riferimenti potrebbero essere The Postal Service ed Enter Shikari per quanto riguarda l'uso di certa elettronica spiccia ('Adorable' e Damn Rough Night') e My Chemical Romance in 'We're Al The Same'. In ottava posizione, immancabile, troviamo poi la ballatona di prassi e da qui in poi il disco non fa che ripetere sè stesso. Piacevole l'outro 'Giving Yourself Away', pezzo brillante e capace di dare l'appena sufficiente scossa finale al lavoro. Di sicuro superfluo, certo, ma non me la sento di dire brutto. Rimane solo il rammarico di aver visto gli ennesimi nuovi protagonisti del new-punk-pop incagliarsi sui solidi lidi ripetitivi. Vuoi mettere i Millencolin all'epoca.

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lunedì 12 aprile 2010

HALLOWS EVE - The Neverending Sleep

Metal Blade - 2008
Thrash Metal (old - school)
Da 1 a 10: Ottimo (8)
Articolo di: Davide Pozzi



“The Neverending Sleep” segna il ritorno sulle scene degli americani Hallows Eve, thrasher vecchio stampo autori di un classico thrash metal per l’appunto, suonato ed interpretato con grande sapienza, godibile specialmente nelle serate caratterizzate da un alto tasso alcolico; che per quello che mi riguarda, si traduce in una sera sì e quella dopo pure.

Attivi dal lontano 1983, la band di Atlanta ha confezionato in carriera solo cinque full-length (compreso quest’ultimo lavoro) più diverse raccolte e apparizioni su svariate compilation. Non si possono certo definire una delle band più prolifiche della storia, ma ascoltando questo nuovo lavoro mi viene da aggiungere un bel peccato che non sia il contrario, vista la bravura evidenziata brano dopo brano tradotta in grandi doti tecniche ed eccellenti qualità compositive, senza contare poi un’attitudine al genere davvero notevole. Brani come la title-track, “Dance Of The Dead”, “72 Virgins”, “Doors Of Misery”, “The Sun Must Die” sono esempi di quanto detto pocanzi e fanno venire letteralmente l’acquolina in bocca se si pensa alla resa in sede live. La grande facilità con la quale gli Hallows Eve sfornano brani fatti su misura per un headbanging forsennato li rende praticamente irresistibili fin dal primo ascolto, il sound è fottutamente heavy (nel senso di pesante) e maledettamente anni 80; per la serie alziamo un bel dito medio al tempo che passa e alle mode frocio-metal che intasano il mercato.

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domenica 11 aprile 2010

REJECTED YOUTH – Angry Kids (2010 reissue)

Concrete Jungle - 2010
Punk
Da 1 a 10: Superfluo (5)
Articolo di: Michele Marinel


Sono passati 5 anni da quando questa band tedesca pubblicò il suo second album, “Angry Kids”. Per quanto siano stati osannati dalla stampa tedesca all’epoca, chiediamoci una cosa molto semplice: era veramente necessaria questa ristampa?
Ahimè la risposta è un ‘no’ abbastanza lapidario.

Il quartetto teutonico è fautore di un punk rock figlio degli anni ’90, che vorrebbe guardare ai Clash ma il cui sguardo si ferma ai Rancid. E sono le tante similitudini con la band californiana che rendono questo disco stucchevole. In se stessi i brani sono pure carucci, godibili, ma il senso di deja vu si affaccia alla mente dell’ascoltatore così tante volte da risultare davvero fastidioso, tanto più che questa ristampa, oltre alle 16 tracce della versione originale, contiene anche 6 bonus tracks, più una serie di contenuti multimediali.
Ad onor del vero il disco non è malaccio, ci sono alcuni pezzi veramente carini, pezzi ruvidi, altri più festaioli, alcuni momenti impegnati come la bella “Antifascista”. Diciamo che se la band fosse stata in grado di esprimere una più spiccata personalità probabilmente questo disco sarebbe stato decisamente migliore.

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sabato 10 aprile 2010

TICKING BOMBS – Crash Curse In Brutality


Concrete Jungle - 2009
Hardcorepunk vecchiamaniera
Da 1 a 10: Woohoohoooo (7)
Articolo di: Michele Marinel

Band nata nel 2000 dall’incontro di quattro amici di Fagersta, Svezia. Per combattere la noia della quotidianità della loro cittadina, i nostri quattro pensano bene di mettere su un gruppo, anche se non sanno praticamente tenere in mano uno strumento. Nove anni dopo i nostri giungono al quarto album (il primo non autoprodotto), un traguardo ottenuto a colpi di passione, costanza e dedizione, anche perché diciamocelo, le capacità tecniche sono migliorate dai loro esordi, ma non poi così tanto.

Ma va bene così. Non saremo certo noi a lamentarci del suon ruvido, dei riff asciutti, delle ritmiche lineari o degli assoli elementari di questo disco. Si tratta di hardcore punk vecchia maniera, mica di prog-post-qualcosa-core. I brani sono molto semplice, con strutture canoniche, niente di nuovo insomma, però si fanno amare con quell’approccio “fuck off” tanto caro agli Exploited, qualche melodia che richiama i Rancid più anfetaminici e dei cori sing-a-long che riportano alla mente tanto l’Oi! Punk quanto l’hardcore primevo di Agnostic Front e simili.
Anche i testi sono allineati alla tradizione del genere: storie di strada, di vita quotidiana, di unione e fratellanza, storie di violenza e inni contro la polizia.
Niente di nuovo come si diceva prima, ma nonostante questo un disco piacevole, coinvolgente, un lavoro che lascia intuire quanta potenza possa sprigionare questa band dal vivo. Per tutti i fan del genere, che da un disco punk cerca sempre e solo punk, questo può essere un lavoro certamente interessante.

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