martedì 23 marzo 2010

ASHES OF BETRAYAL - First World Collapse

Strikedown - 2009
Hardcore-Metal (90's style)
Da 1 a 10: L'intransigenza paga (7)
Articolo di: Enrico De Domeneghi


Quando il senso di un'apocalisse imminete ti si appende alla schiena ed affonda i denti nella tua nuca, due sono le soluzioni possibili: rimanere nell'immobilità a guardare che succede o ergersi sulle proprie gambe e, direbbero gli Have Heart, 'urlare contro quel sole' che sembra accecare i più, per far sapere che non tutto è perduto. Non ancora almeno. Gli Ashes Of Betrayal hanno optato proprio per questa strada, e ci scagliano contro cinque pezzi hardcore in stile Reprisal-Walls Of Jericho-primi Terror che strizzano l'occhio, soprattutto nelle chitarre, agli Slayer. Ma il discorso qui è un po' piu ampio, perchè il maggior pregio di 'First World Collapse' è portare avanti un discorso organico che comprende musica da una parte, un'intifada di testi taglientissimi su tematiche socio-politiche dall'altra ed un ottimo artwork curato da Fabio, dietro alle pelli quanto all'obiettivo e al pc, capace di dare forma tramite le immagini al messaggio degli Ashes Of Betrayal.

Il disco esce per Strikedown Records dopo due demo autoprodotti e vari cambi di line-up. La solida band sarda si è fatta le ossa prima di tutto sul palco, aprendo per alcuni tra i nomi più blasonati della scena a livello non solo nazionale -Cripple Bastards, Sick Of It All e Rise And Fall su tutti. A livello strettamente musicale, comunque, qui si torna indietro di qualche anno, il sound proposto è diretto e genuino, con una buona sezione ritmica alla base ed un altrettanto buon lavoro delle sei corde. Ottimo l'utilizzo della voce, in particolare quando i ragazzi sperimentano cori capaci di dare la svolta ad un intero pezzo. Spiccano infine, ma qui è semplice questione di gusti, 'Look At Yourself' e il suo rallentamento iniziale riuscitissimo e la sferzata finale di 'Greed Over Conscience', dal minuto e cinquanta in poi.

Gli Ashes ci offrono un buon esempio di come un genere dalle fondamenta già definite e ben piantate possa ancora essere suonato con una convinzione tale da imprimere un vero e proprio marchio di fabbrica ai pezzi. L'angustia del contesto in cui si muovono, quel che poteva cioè essere per loro un limite, finisce forse per diventare il punto di forza del disco. L'intransigenza, stavolta, paga.

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