martedì 26 gennaio 2010

RESURRECTURIS - Il Richiamo della Foresta

Intervista a: Carlo Strappa (chitarra)
Articolo di: Michele Marinel

Il compito di un buon giornalista non è certo quello di smarchettare a destra e a manca come fanno tante firme prestigiose della stampa musicale e non. E infatti c'è ancora qualcuno (NOI!!!) che fa del giornalismo (musicale e non) serio, accurato, approfondito, con domande incalzanti e senza paura di porre quesiti scomodi ai propri interlocutori. Questa volta ad incrociare la nostra efferata sete di sapere, la nostra spietata ricerca della verità, è stato Carlo Strappa dei Resurrecturis, death metal band tra le prime mover della scena italiana.


La vostra cartella stampa inizia con una frase tipo "Cosa spinge un responsabile marketing di una grossa multinazionale a suonare death metal"? Infatti, cosa ti spinge a suonare death metal anziché dedicarti ad hobby più costruttivi e in linea con il marketing come la coca o le troie?

Veramente tra i miei colleghi sono molto più diffusi passatempi come il ciclismo, la moto e così via. Qualcuno si spinge un po' più in là ed arriva a farsi l'amante, oppure si concede qualche seratina a luci rosse quando è in trasferta. Per quanto mi riguarda la musica, è arrivata molto prima del marketing. E semplicemente è rimasta al mio fianco ogni volta ho avuto bisogno di un rifugio.

Sempre citando la vostra cartella stampa: cosa vi spinge a scegliere anziché una vacanza in un paradiso tropicale un estenuante giro per l'Europa in un tour bus? E soprattutto se ci andiamo noi nel paradiso tropicale con la coca e le troie di cui sopra e mettiamo tutto sul tuo conto?

È il richiamo della foresta! Quando siamo in tour viviamo in una specie di limbo al di fuori delle leggi che regolano le nostre vite di tutti i giorni. Non sono un tipo da villaggio vacanza! Preferisco di gran lunga situazioni molto più avventurose, come quelle che si creano certe volte quando siamo in giro a suonare. Inoltre mi piace incontrare gente di tutti i paesi e stringere amicizie con musicisti stranieri che seguo da tanti anni.
Per quanto riguarda il mio conto in banca, non è così ricco come potresti immaginarti, se come paradiso tropicale ti accontenti di Pesaro magari viemmi a trovare questa estate e ti porto fuori per una pizza (per coca e troie non prometto niente!)


I Resurrecturis sono una band storica del death metal tricolore, tra le iniziatrici del genere nel nostro Paese, pur tuttavia rimangono un'entità un po' misteriosa. Vuoi riassumere la vostra storia per i nostri lettori?

Secondo me i Resurrecturis hanno quest'aura un po' misteriosa qui in Italia perché da tanti anni svolgiamo la maggior parte della nostra attività all'estero. Nei nostri confronti nel belpaese non c'è stato più tanto interesse da quando abbiamo cessato di essere una demo band ed abbiamo pubblicato il nostro debut album con una etichetta olandese.
Comunque per rispondere alla tua domanda, i Resurrecturis nascono a Fermo nel 1990. Tra il 1995 ed il 1998 abbiamo pubblicato 3 demo tapes. Nel 1998 abbiamo fatto il nostro debut album uscito per Power Rds (Olanda). Il disco è stato anche licenziato per la versione su cassetta alla ungherese Backwoods Prod. E per il picture LP alla tedesca Quamby Hill. Nel 2000 abbiamo fatto il nostro primo tour europeo che ci ha portato a suonare in Portogallo, Belgio, Slovenia, ecc. Purtroppo alla fine di quel tour un grave incidente stradale ha imposto un lungo stop alla nostra attività. Dopo un po' abbiamo realizzato un nuovo demo con la speranza di attirare l'interesse di qualche etichetta un po' più solida di quelle con cui avevamo lavorato fino a quel momento. Erano i tempi in cui furoreggiava il black metal e già si preparava l'avvento del nu metal per cui la nostra proposta non deve essere sembrata troppo in linea con i tempi. Allora abbiamo iniziato a lavorare al secondo album, che abbiamo anche registrato mentre il clima tra di noi era sempre più deteriorato. Al termine delle registrazioni abbiamo deciso di interrompere la nostra attività, senza neanche pubblicare il disco – ne avevamo avuto davvero abbstanza di tutti i casini e anche dell'indifferenza che ci circondava. Alla fine del 2003 ho deciso di ricominciare coi Resurrecturis. Il secondo disco è stato pubblicato come autoproduzione con il titolo "The Cuckoo Clocks Of Hell" e successivamente è stato ristampato da Mondongo Canibale (Spagna). Tra il 2005 ed il 2007 abbiamo fatto una serie di tour in giro per l'Europa accompagnando band del calibro di Vital Remains, Macabre, Impaled Nazarene e Jungle Rot. Finalmente ci siamo messi al lavoro per il terzo disco, "Non Voglio Morire", uscito da qualche mese per su Casket (UK).


Essendo, come si è detto, tra i prime mover del genere in Italia come ti fa sentire il fatto che il death sia sempre stato un po' snobbato qui da noi?

Non ci ha reso la vita facile il fatto di esserci formati in Italia, però credo che alla fine possiamo dire che oggi siamo quello che siamo anche perché venendo dalla provincia della provincia siamo stati meno esposti alle influenze dei gruppi stranieri e quindi forse abbiamo avuto la possibilità di sviluppare uno stile almeno in parte personale.

Visto che sei sulla scena da un bel pezzo secondo te quali sono le band nostrane che avrebbero meritato più successo (e non l'hanno ottenuto)?

Bulldozer, Necrodeath, Death SS e Negazione senza ombra di dubbio. Quelle erano band all'avanguardia per i loro tempi. Non hanno mai avuto la possibilità di competere alla pari con le controparti straniere. In Scandinavia i musicisti che vogliono fare sul serio campano con il sussidio di disoccupazione. Oggi quei paesi vantano band di successo planetario ed un livello medio dei musicisti molto elevato. Per contro noi in Italia abbiamo la SIAE che si presenta a battere cassa non appena una quindicina di compagni di scuola si riuniscono per ascoltare un po' di musica.
Recentemente sono stato al Brooklyn Museum che è una delle principali strutture museali di tutti gli Stati Uniti: nel museo c'era una mostra fotografica temporanea intitolata "Who shot rock'n'roll" che raccoglieva una gran quantità di scatti celebri e meno celebri ad artisti rock. Visitando la mostra era subito chiaro che i curatori oltre ad essere dei conoscitori dell'arte fotografica, vantavano competenze importanti anche in campo musicale. In Italia una cosa del genere è impensabile. La musica rock è vista come una cosa per teenager. Uno sfogo giovanile. Non c'è un interesse serio, approfondito...


Veniamo a voi, la gestazione del nuovo album è stata piuttosto travagliata, ho letto, puoi dirci cos'è successo? E mi raccomando, vogliamo nomi, cognomi e misfatti!

Nomi e cognomi, eh? Vabbuò, ecco come è andata… Per il disco avevamo deciso di affidarci a Davide Rosati di ACME recording a Raiano in Abruzzo. Dopo aver portato a termine le registrazioni con una certa difficoltà (dovuta più che altro alla complessità del disco ed anche alla logistica infelice, visto che lo studio è piuttosto distante da dove viviamo), al momento di iniziare il missaggio sono iniziati i veri problemi.
Davide si è reso irreperibile per periodi lunghissimi di tempo in cui non si degnava neppure di rispondere al telefono. Le rare volte che si riusciva a parlarci prometteva di inviare i primi mix entro una settimana al più tardi, cosa che regolarmente veniva smentita dai fatti. Insomma dopo un'attesa estenuante mi arriva un CD con un po' di canzoni che non c'entrano niente le une con le altre. Cioè ad ascoltare il disco sembrava proprio che si fosse sforzato di accentuare le differenze invece che di dare compattezza al lavoro. Lo risentiamo e gli diciamo che proprio non ci siamo e che bisogna lavorare in un'altra direzione e lui che fa? Sparisce di nuovo… Alla fine mi sono proprio girate le palle, perché vedi, io non so come è abituato lui, ma io lavoro tutta la settimana in ufficio, poi nel week end oppure nelle ferie mi faccio 300 km e vado a registrare nel suo studio e pago per stare lì e mi aspetto decisamente che non escano fuori stronzate come questa, perché sono già pieno di cose da fare e l'ultima cosa di cui ho bisogno è di perdere tempo provando a rintracciare 50 volte in una settimana qualcuno che non mi risponde al telefono.
Insomma alla fine mi sono fatto dare le tracce non mixate e le ho portate da Paolo Ojetti (Infernal Poetry / Potemkin Studio). Dopo circa un mese avevo il master per la Casket in mano.
L'incontro al casello dell'A14 di Teramo dove Davide mi ha portato l'hard disk con le registrazioni è stato molto istruttivo. Mi ha detto che gli dispiaceva che le cose fossero andate così. Davvero patetico, no?


Alla fine di tutto cosa ne pensi del risultato finale? Sei soddisfatto di com'è venuto "Non Voglio Morire"?

Si, visto come sono andate le cose difficilmente si sarebbe potuto fare di più. L'unica cosa che spero è che in futuro non si ripetano storie analoghe a quelle che hanno segnato "Non Voglio Morire".

A proposito: perchè questo titolo?
"Non Voglio Morire" è uno slancio vitalistico contro il grigiore in cui si può affogare una volta che il tran tran quotidiano si regolarizza tra impegni lavorativi e casalinghi. Questo è un disco che si rivolge a quelli che credono che i sogni non debbano mai essere lasciati nel cassetto!
Nel titolo poi c'è anche un riferimento all'aspirazione all'immortalità che l'artista riceve tramite il perdurare della sua opera oltre il termine della sua stessa vita.


Come descriveresti oggi il sound della band? Lo trovo ricco di elementi esterni al death...

Sicuramente nelle nostre canzoni è possibile rintracciare influenze provenienti da ambiti musicali non riconducibili al death metal. In generale direi che ci sono 25-30 anni di rock duro che confluiscono in un disco come "Non Voglio Morire". È significativo che nelle numerose recensioni uscite i nomi che sono saltati fuori sono stati sempre diversi. Ascolto musica da quando ho 9 anni, a quei tempi il death metal neanche esisteva ed io mi sparavo dosi massiccie di Judas Priest, Black Sabbath, Ozzy, ecc. Tutte queste cose che ho divorato nel corso degli anni le ho metabolizzate e fatte mie. Ecco perché trovi così tante influenze diverse nel nostro sound. E poi non dimenticare che nel disco l'idea era di raccontare la storia del mio rapporto con la musica. Era quindi inevitabile fare qualche riferimento alla musica che mi ha accompagnato in questi anni.

Hai scelto di rendere il disco disponibile per il download dal vostro sito, in maniera totalmente gratuita, a cosa è stata dovuta questa scelta? E quanto ha fatto incazzare la casa discografica?

Secondo me con l'avvento di internet e dell'mp3 il rapporto della gente con la musica è irrimediabilmente cambiato. Sia nel bene che nel male. Opporsi a questo cambiamento non ha senso.
L'amara esperienza avuta con il nostro primo album, "Nocturnal", distribuito malissimo dalla Power Records, mi ha insegnato che per me la soddisfazione più grande è sapere che tutta la passione che mettiamo nella nostra musica, non rimane chiusa nel magazzino di una casa discografica, ma ci mette in comunicazione con altre persone in giro per il mondo. Sapere che quello che creiamo con così tanta fatica è fonte di piacere per qualche altra persona, mi mette la voglia di dare ancora di più e riprovarci.
La Casket ha detto subito che non trovava la nostra una buona trovata e che avrebbe avuto gravi ripercussioni sulle vendite del disco, ma hanno avuto l'onestà di non crearci problemi una volta che gli abbiamo confermato che la decisione era già presa.
I download dal sito procedono a ritmo sostenuto, non credo che la Casket avrebbe mai potuto disseminare tutte queste migliaia di copie in giro per il mondo. Tra l'altro anche i dischi più vecchi ed i nostri demo (pure disponibili sul sito) hanno beneficiato di una certa attenzione.



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