martedì 3 novembre 2009

TARDIVE DYSKINESIA - The Sea Of See Through Skins

Coroner Records - 2009
Math-metal
Da 1 a 10: dov'è che vanno le H in 'Meshuggah'? (7)
Articolo di: Enrico De Domeneghi

Facile. I Tardive Dyskinesia, solida combo greca dedita alla bella arte del metal più spigoloso e sinistro, sarebbero sicuramente stati spartani. Una buona seconda tappa sotto l'ala Coroner per loro, che pur senza disdegnare influenze altre, piantano le radici in un terreno che è praticamente un sotto genere: il suolo Meshuggah. Lo fanno in maniera cosciente, però, e vuoi quando il parallelismo è evidente -vedi assolo di 'Dog'-, vuoi quando l'impatto sfiora più un post-hc abbastanza personale e variegato nelle sue componenti, la sensazione che rimane è che la lezione sia stata, più che copiata, assimilata in profondità.

Tecnicamente il quintetto è ben preparato e sicuro delle sue potenzialità; ne è prova una sequenza di pezzi la cui lunghezza non scende mai sotto i quattro minuti. Canzoni quasi sempre ben sviluppate, oltrettutto, che mettono in evidenza un songwriting maturo quanto basta, con buoni cambi di umore nello sviluppo globale dell'album. Nessuna violenza sonora fine a se stessa, quindi, perchè ogni stoccata che i Tardive Dyskinesia mettono in campo pare essere preparata con cura, curata nel dettaglio. E così dai predominanti labirinti matematici cari ai Meshuggah spuntano echi degli Esoteric di 'Ram-faced Boy' nella seconda traccia, fino ad aperture melodiche mai scontate che richiamano la vecchia scuola post e riportano alla mente quell'atmosfera tetra che i Botch e i Breach più pesanti hanno saputo masticare in passato. Ben riuscita anche la settima traccia strumentale 'Ask E Sea', che avvolge l'ascoltatore con un riff paralizzante di sapore The Acacia Strain (Wanna see a fucking circle pit? Ecco fatto! nda).
Da segnalare anche una buona prova vocale da parte del cantante/chitarrista, capace di incastonare le lyrics in strutture dispari senza apparenti difficoltà, e credetemi, a volte l'impressione è che il nostro sia stato un instancabile giocatore di tetris in gioventù. Il suo screaming, timbricamente vicino a quello di Joe Duplantier dei Gojira, è tutto sommato convincente e non stanca l'orecchio dell'ascoltatore, già di per se' concentrato sul dare una logica all'intreccio strumentale dei brani.
Derivativi solo in apparenza, questi greci fanno ben sperare per il futuro, e hanno senza dubbio un merito: quello di aver digerito e sintetizzato la scuola Meshuggah sfornando un prodotto carico della tradizionale furia obliqua dei capiscuola, ma di più facile ascolto.

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